Daniele Fedi di Laura Capuozzo
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“Sono caduti i rituali dell'avanguardia, siamo immersi ormai in un magma: ognuno si muove a ruota libera, libero nelle memorie, negli strapaesi, nelle archeologie, nei neri, negli scuri, nell'ironia oppure nelle epiche e nelle mitologie. Anche la critica deve fare i conti con questo. O sta a battere cattedra e a parlare del Rubicone, ma allora rimane emarginata, o deve "scendere"."(Emilio Vedova, 1984)
L’opera di Daniele Fedi si colloca sulla linea di confine tra astrazione ed espressione. Il suo è un approccio basato su una “razionalità istintiva”, sulla restituzione spontanea e immediata delle percezioni interiori.
L’astrazione delle sue immagini riguarda soprattutto la forma, ovvero, il fatto che le sue forme non diano luogo a nulla di immediatamente riconoscibile.
Tuttavia, come notava Paul Klee: «essere pittore astratto non significa qualcosa come astrarre dalla possibilità di istituire un paragone con gli oggetti naturali ma consiste, indipendentemente da tale possibilità, nella liberazione di puri rapporti figurativi».
E, in effetti, le sue visioni ci trascinano e ci coinvolgono proprio in virtù della loro libertà da strutture significanti.
Fedi ci mostra le cose nel loro divenire, nel loro formarsi, costruendo opere diversificate, in cui a volte predomina il segno, come in Prehistoric o Crossing, in altre pennellate libere e densi strati di colore invadono la scena. (Stalattiti di plexiglass).
La materia pittorica si fa calda, ammassata e concreta al tempo stesso, liberandosi in uno spazio all’interno del quale i colori si muovono in una dimensione spesso caotica, che richiama il caos da cui tutte le cose hanno origine. Daniele Fedi evoca questa materia primordiale, attraverso un gesto istintivo e violento: le immagini che ottiene appaiono come un coacervo di segni colorati, in cui a volte non riconosciamo alcuna forma (Hands).
Citando Afro: «Evidentemente una forma pittorica (...) non nasce mai solamente come forma, né un colore si giustifica solo nel suo rapporto di valore e di spazio, ma ha bisogno di caricarsi di un significato espressivo, (...) di sentimento, per cui una forma dovrà avere un determinato carattere e il colore quel particolare timbro e il segno quella immediata trepidazione che hai nell’urgenza di dire una cosa che ti viene da dentro quando non vai a cercare il modo più bello per esprimerti, ma sei unicamente preoccupato di esprimere il concetto. Anzi, proprio perché non hai preoccupazioni formali la forma sarà la più adatta e la più originale. La pittura così intesa nel suo rapporto con la vita da cui continuamente si alimenta e si rinnova, ti investe in modo totale, per cui tu ci sei dentro con tutte le tue reazioni, lati del carattere, ossessioni, uno spiraglio aperto sulla tua anima.».
In questo senso, anche per Fedi, la forma “accade dopo”, è una conseguenza del sentire, e in questo senso “si attiene” all'idea.
L’artista procede in maniera totalmente autonoma rispetto alla figurazione, attinge alle sue forme mentali, va oltre le capacità sensoriali dell’uomo per dar vita a pure suggestioni. E lo fa utilizzando le capacità empatiche ed emozionali di segno e colore.
E’ per questo il suo astrattismo ha una matrice fondamentalmente espressionistica.
Il carattere informale della tecnica, che si evolve in linee decise e dinamiche, in danza sciolta, protese oltre i confini pittorici, è esso stesso funzionale all'espressione di sensazioni che si materializzano entro uno spazio instabile. La forza del rosso e la profondità del blu, insieme ad un segno inquieto ma incisivo, riflettono stilisticamente la liberazione del fervore interiore dell’artista. Anche in opere come Sunrise, in cui il nero e il bianco sono gli unici toni, egli è altrettanto efficace, altrettanto compiuto di quando utilizza tutta la gamma cromatica.
In tutta la sua produzione leggiamo dunque una costante, la congruità nella ricerca, ma soprattutto la drammaticità espressiva.
La visione impetuosa che Daniele Fedi ha dall’arte fa emergere l’aspetto istintivo e quasi furioso della creazione, dello stile e del carattere dell’artista. L’irrequietezza descrittiva e narrativa, che esplode in quel magma denso e tumultuoso, dichiara la sua reazione contro gli accademismi. Dipingere per lui significa sentire letteralmente il colore, la sua energia, e liberarne la tensione sulla tela, insieme ai tormenti di vita e a quanto contenuto nell’informalità della materia. Significa entrare in rapporto con il cosmo e riscoprirsi nel suo dinamismo.
Sicuramente, quindi, il percorso artistico di Daniele Fedi si è alimentato nell’universo stilistico dell'astrattismo; ma al contempo si è allontanato dalle sue norme, per raggiungere un differente e personale linguaggio.
Il suo fare artistico è basato sugli elementi tradizionali della pittura, la luce, la composizione, il segno ed il colore, ma i suoi dipinti nascono dal rapporto tra la forma esteriore e quella interiore, sentita come necessità e considerata come unica legge dell’arte, come ciò che permette l’espressione artistica. L’astrazione formale è quindi solo la prima impressione di fronte alle opere, il primo colpo d’occhio, per trasformarsi subito in altro.
L’artista trasfigura il mondo, superando quanto di materiale è presente nelle sue forme, ma lo evoca nelle emozioni esso suscita in noi.
I titoli con cui sceglie di connotare le sue creazioni (Paesaggio, Cascata, Supernova...), richiamano, infatti, la forza della natura, sebbene non la descrivano attraverso la forma delle cose.
Se dunque l’Astrattismo, come corrente artistica, aveva sancito definitivamente il distacco dell'arte dagli eventi naturali, facendo di questo distanziamento una delle sue caratteristiche principali, Fedi rievoca il pathos del mondo.
Il suo sguardo alla realtà mira a coglierne l'essenza attraverso l'analisi dei suoi molteplici profili possibili, e ce la mostra non cristallizzata in una rappresentazione definitiva e statica ma passibile di continue variazioni.
Il fascino magnetico delle sue opere risiede proprio nel loro "farsi".
In questo senso, potremmo dire che Daniele Fedi non dipinge cose ma eventi.
L'evento artistico, liberato da manierismi e attributi formali, letteralmente accade con l'azione stessa della sua creazione.
Il tema dei quadri di Fedi non è la figura ma la sua azione, la relazione tra l’artista e lo spazio finito della tela, che egli organizza con elementi che disegnano movimenti diversi ma non in conflitto tra loro, perché rispondenti ad un unico progetto. The city of future o Cell, tra le altre, si basano su un perfetto equilibrio degli opposti, siano essi segnici o tonali.
In Sunrise, ad esempio, luce ed ombra, segno e spazio fanno da contraltari ad una rappresentazione in cui tutto ha lo stesso peso specifico.
E ciò accade anche quando accosta vuoti e pieni, colore e monocromia all'interno della stessa opera, come in Delfino.
In questo discorso stilistico, la matericità ha un ruolo non secondario: la superficie rugosa di Copper attua una contraddizione tra l'orizzontalità del segno, che richiama una sensazione di calma, accentuata dal tono chiaro, e la ruvidità dei segni materici verticali.
La materia è perciò, a sua volta, una realtà completamente autonoma, che acquista una fisicità spaziale e temporale.
Daniele Fedi possiede, quindi, la capacità di rendere la tela un microcosmo non chiuso in se stesso ma aperto a possibili variazioni ed interpretazioni.
Questa maturità è il risultato compiuto di una consapevolezza estetica e di un processo pittorico meditato.
Una pittura non solo razionale e non solo soggettiva, ma attenta al rapporto tra l’essere e il cosmo.
Sebbene, nelle sue opere, la figura umana, manchi, l'artista indaga la presenza nel mondo del soggetto.
Vediamo luoghi che appartengono all'universo, non all'uomo, di esso non c’è traccia. Eppure, più che mancare, dentro quei buchi neri, vi è la presenza di uno sguardo sull’infinito.
Le sue immagini creano, in tal senso, un rimando poetico tra realtà e sogno, che trova nella forza dell'immaginazione la componente più essenziale, segnando un allontanamento dall'esperienza (Imagination).
Il mondo che Daniele Fedi ci comunica è altro rispetto a quello quotidiano, un mondo lontano e proprio per questo insondabile attraverso i sensi, tuttavia esso non è estraneo a quello reale. Naturalmente le sue opere sciolgono i legami con le cose per diventare linee, macchie o vortici cromatici, secondo regole che sembrano dettate dall’istinto; la coscienza, per poter immaginare, deve allontanarsi dalla realtà. Ciò nonostante, ci ricorda Sartre, l’immaginazione non consiste nel negare del tutto il mondo, ma nel negarlo solo in parte affinché possa poi renderlo presente in immagine.
Nel suo condurre una protesta che vuole darsi come anti-naturalismo, Daniele Fedi afferma ancora e senza dubbio un legame essenziale con il cosmo.
Come Paul Klee, egli è consapevole che l’artista, oggi, è qualcosa di più di una perfetta macchina fotografica, è creatura terrestre e insieme creatura nell’ambito del tutto.
Il segreto della sua pittura risiede, allora, nel condurci verso luoghi che appartengono al sogno collettivo dell’uomo, non al suo esistere, nei quali l'immaginazione si mescola al reale.
I suoi dipinti si configurano, dunque, come la possibilità di un approccio diverso dalla conoscenza razionale della realtà.
Per lui l’opera d'arte non è la riproduzione dell’apparenza del mondo, ma la possibilità di plurime determinazioni del mondo.
Nell’immergersi nella sua genesi, nel divenire delle cose, Daniele Fedi guarda al sorgere del reale nella nostra percezione, perche è proprio sul piano della percezione che il mondo non si configura come l'insieme delle cose già date ma come un continuo generarsi.
La sua pittura, perciò, è in fondo anche realista, perché abbraccia il finito e l’infinito; rende visibile quello che è distante o nascosto, espandendo la percezione e rivelandone la connessione col cosmo e con l’uomo che ne fa parte. Nel “connettere l’'occhio e lo sguardo”, Daniele Fedi ci permette di cogliere l'essenza delle cose. La rappresentazione, di conseguenza, non è mai fine a se stessa ma rimanda ad altro da sé, di qui il connubio tra realismo, astrazione ed espressione nelle sue opere.
Si evidenzia, infine, il nucleo della sua arte: un’idea trascendente della realtà, in cui entrano anche le emozioni, perché, citando l'artista, “non c'è arte senza emozione”.
Firenze, Giugno 2014
Laura Capuozzo
storico e critico d’arte